STORIA DELLA MIA ANSIA...


Avevo 21 anni la prima volta che ho avuto un attacco di panico, mi ricordo esattamente il giorno, ero a Rimini, in una casa che nonostante avesse molti dei mobili della mia vecchia casa, io non sentivo mia, avevo finalmente una camera tutta mia da non dividere con mio fratello (come avevo fatto fino ad allora) ma neppure questo mi rendeva felice.

Era estate, avevo un pantaloncino corto e una t-shirt troppo lunga, ero andata a trovare mia madre e mio fratello in quella che sarebbe diventata la mia casa futura, avevo caldo e stavo parlando con mia madre attraverso la tenda che divideva il disimpegno/ingresso dal cucinino.

Facevamo un discorso che ormai facevamo da settimane, non avevo condiviso questa decisione di trasferirsi, non capivo come cambiare città potesse migliorare la vita sua e di mio fratello, capivo la sua volontà di non dividere ulteriormente la nostra famiglia, vista la recente separazione con mio padre, e potevo capire che avvicinarsi a Bologna (dove io sarei dovuta andare all'università) permetteva di stare tutti insieme e di farmi stare a casa, ma non la condividevo.

Mi si stava di nuovo togliendo qualcosa, la possibilità di vivere l'esperienza universitaria fuori casa, vivere in una casa con altre persone, essere lontana km da casa...non era giusto, non dopo aver visto sgretolarsi la propria famiglia, non dopo l'anno che avevo vissuto.


Ma io pensavo solo a me, non capivo la volontà di tenerci uniti, la volontà di portare la casa il più vicina possibile a me, non potevo sapere che era la scelta giusta per mio fratello, che avrebbe permettesso a mia madre di ricominciare e non potevo conoscere la vergogna, quella di restare dopo la fine di un matrimonio e condividere il proprio paese con la nuova compagna dell'ex marito.

E così, non sapendo e non volendo capire, su quella porta, con la tenda scostata, stavo dicendo a mia madre che non condividevo nulla di ciò che stava facendo e le rinnovavo la mia decisione di non andare a vivere in quella casa per quell'anno e di prendere un anno di pausa dall'università.

Stavo lasciando mia madre e mio fratello soli, stavo facendo quello che mia madre voleva evitare, dividere la famiglia e lo facevo dopo un anno infernale come quello che aveva passato. Ma mentre dicevo queste cose, la mia vista si è offuscata, non vedevo più le mie mani, i miei pantaloncini, la voce di mia madre mi arrivava ovattata e il cuore era in gola.

Ho potuto solo dire quello che sentivo, mia mamma ha riconosciuto l'ansia, ha sminuito i sintomi, mi ha preso in giro e piano piano tutto è andato via. Poi mi ha spiegato che quello era un attacco di panico, che parlarne mentre era in essere lo avrebbe solo peggiorato.

Mi ha dato le direttive per gestirlo, lei conosceva l'ansia, era sua amica/nemica da tanto, e lei la sapeva gestire. Ma io no, io l'ho conosciuta quel giorno, io ho fatto la conoscenza di ciò che nella mia vita avrebbe preso il nome di Belfagor, un mostro che vive dentro di me e che spesso è amichevole ma altre volte mi mangia da dentro (con lo spiacevole risultato del panico improvviso).

Non dico che la separazione dei miei fosse stata la causa, non dico che sia stata la decisione di mia madre di trasferirsi, la mia di prendere un anno di pausa da ciò che più desideravo fare nella via, non dico che dipenda dal fatto che mio padre avesse scelto come compagna una persona che io conoscevo bene....io sono sempre stata un soggetto predisposto e se non fossero state queste cose, sarebbero state altre.

Ora però io dovevo conviverci e non è stata la convivenza più facile che abbia fatto, faceva male dentro, spesso mi faceva venire delle problematiche reali che nulla avevano a che fare con la mente (apparentemente), la tosse nervosa, la tachicardia, l'incapacità di ingoiare, fino alla mia compagna degli ultimi anni...la colite spastica.

L'ansia è così, parte dalla testa ma poi arriva sempre al corpo, deve arrivarci perchè deve spaventarti così che tu ti metta in allarme e capisca che qualcosa non va. Solo il tempo mi ha fatto capire che Belfagor è mio campanello d'allarme, è il suono che sento quando sto facendo qualcosa che il mio cuore non vuole fare, quando mi sforzo di comportarmi come in realtà non vorrei.

Mi aiuta a cambiare strada, a capirmi meglio, a salvaguardare me stessa e ciò che voglio. Dirlo è facile ma in concreto non sempre è possibile fare ciò che vogliamo, viviamo in società e ci sono cose che vanno fatte per il bene altrui, anche se sono violenze che facciamo a noi stessi e in questo caso mi arrendo alla mia ansia, lascio si sfoghi, cerco di ridurre i danni, spero di riuscire a controllarla e vado avanti.

Qualche volta ancora fa male, qualche volta è più pacifica ma non va mai via, vive dentro di me, era lì quando mi sono laureata, quando mi sono fidanzata, quando ero incinta, quando mi sono sposata, belfagor è il mio compagno di vita e io ho imparato ad accettarlo.

Chi mi sta accanto non sempre è capace di capire, non sempre riesce a comprenderne l'intensità e il dolore che l'ansia mi fa, qualche volta sembro io esagerata, qualche volta un po' pazza, a volte sembra che io sia irragionevole ma vivo la mia vita e le mie giornate con un co-pilota, per lo più guido io ma a volte devo lasciare che lo faccia lui.

Una cosa però voglio dirla, soprattutto a chi soffre di ansia, fa male ma non uccide, è nostra amica, non porterebbe mai alla distruzione il corpo che la contiene, non è depressione ed è importante fare queste distinzione, inoltre l'analisi aiuta molto e ci aiuta a vedere le cose da punti di vista diversi, lasciando che lo psicologo prenda i nostri pensieri e ci lasci un po' più leggeri (cosa che chi non soffre d'ansia non può fare).

Scrivere questo post è stato difficile, cose da dire ne avrei tante, ma credo che non possano essere utili a chi legge e così ho passato giorni a scrivere e cancellare...spero di essere riuscita a rendere l'idea di chi è Belfagor e di come si possa vivere anche in sua compagnia. Spero che chi legga possa capire come, per quanto non sia sempre facile, si possa andare avanti e lo si possa fare bene.

E' una battaglia, l'ansia è un avversario temibile ma non bisogna mai lasciargli troppo spazio, giusto quel poco per illuderla che a volte comanda lei!

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